La galleria fotografica di questo viaggio puoi trovarla nella sezione Fotografie del sito a questa pagina.
By Decibel
21 e 22 dicembre: L’avventura (cominciata per caso due settimane fa) è praticamente all’inizio. Porto di Salerno ore 22. Temperatura non eccessivamente fredda. Fila al check in della Grimaldi, controlli doganali con i ragazzi di “sporco endurista” e via a bordo. La nave è squallida, il servizio pessimo e io (che sono il solito barbone) non ho neanche la cabina. La nave è piena e con il mio passaggio ponte mi posso solo accontentare del corridoio, dormendo sul materassino gonfiabile che mi ero portato.
30 ore di nave passano con Luigi, Palì e gli altri ragazzi con i quali parlo dell’itinerario (loro vanno in Libia) e dei classici consigli sulle cose da portare nei viaggi in moto.
23 dicembre: Tunisi-Tozeur
Sbarco a Tunisi con una voglia matta di mordere l’asfalto africano. Ho Talino, Ice e Salvatore che mi aspettano,per cui cerco di sbrigare le pratiche doganali prima possibile…Un tizio con cartellino della dogana mi chiede il passaporto e inizia a compilare un modulo. Mi porta nei vari gabbiotti dove vengono apposti i timbri e mi fa passare tutte le file. Capisco che c’è qualcosa di strano dietro a tutta questa attenzione nei miei riguardi e cerco di sbrigarmela da solo ma il tizio, per fare le pratiche vuole soldi. Io che, tranne in casi “disperati”(tipo quella volta a Tijuana) non incentivo mai il fenomeno, mi ritrovo a sganciare 5 euro pur di uscire prima possibile dalla dogana con i miei documenti in mano. Esco dalla dogana con mille foglietti e la targa della moto scritta sul passaporto, ma di Talino e soci nemmeno l’ombra. Arrivano con un leggero ritardo, il tempo di cambiare gli euro in dinari e via verso sud. La strada corre veloce, il clima è mite e non ho freddo (ma sono ben equipaggiato). L’asfalto è ottimo, in molti casi migliore di quello italiano, almeno fino a Gafsa. Da qui, il paesaggio cambia. Spariscono le verdeggianti pianure e avanzano gli aridi paesaggi desertici. Foto di rito sotto il cartello “dell’attraversamento cammelli” e gli ultimi km verso Tozeur (saranno circa 460 da stamattina) li percorro con un bel sorrisone stampato in volto…
24 dicembre: Tozeur, oasi di montagna e sterrati!
La notte nella pensioncina “El Amen” non è stata il massimo. Freddo (e meno male che dormivo nel sacco a pelo) e rumori, mi hanno fatto dormire ben poco!
Alle 8 abbiamo appuntamento con Daniele e Salvo e insieme andiamo a prendere le moto che il proprietario ci ha fatto mettere in un “garage” attiguo.
Pronti via, freschetto del mattino e un pò di km da percorrere. L’idea è quella di fare il pieno alle moto (anche se la mia con il suo megaserbatoio non ne avrebbe bisogno…) e fiondarci verso Tamerza, Midès e Chebika. Peccato che, come al solito, abbiamo fatto i conti senza l’oste. A Tozeur la benzina “sans plomb” non c’è. Proviamo ad El Hamma e non troviamo nulla. Per me non sarebbe un problema, ma i ragazzi hanno urgente bisogno di benzina. Al bivio per Tozeur un simpatico poliziotto fa di tutto per cercare di aiutarci (ferma le auto per chiedere dove potessimo trovare carburante…). Alla fine scopriamo che un piccolo distributore di Degache, quattro chilometri più a sud, ha la benza e ci fiondiamo lì.
Le strade sono fantastiche, la fresca aria del mattino riempie i miei polmoni.
La moto è perfetta. Decidiamo una piccola deviazione off road (ce ne saranno tante in questo viaggio) e ci buttiamo in alcuni canyon per smaialare con le moto.
Le oasi di montagna chiamano e noi abbiamo molti km da percorrere. Gli incontri con i cammelli si susseguono (sempre segnalati da appositi cartelli) e Daniele si improvvisa “pastore di cammelli” con la sua africa. Li insegue e cerca di scattarsi delle simpatiche foto. Un folle!
Percorriamo molti km davvero vicini al confine con l’Algeria. A Mides, la distanza dal confine algerino è addirittura di un solo chilometro. Dalle splendide gole (utilizzate anche nelle scende del film “il paziente inglese”) si intravedono anche le postazioni militari a difesa dei confini territoriali. Lo spettacolo è nei paesaggi e nelle genti. Non c’è stress. Anche i venditori, dietro alle loro bancarelle, sono calmi e tranquilli e non come i loro colleghi delle medine, che per forza vogliono venderti qualcosa.
E’ ora di mangiare e ci fermiamo a Redeyef, un paesino sperduto con quattro case e una sola strada. In pochi minuti, con i nostri potenti bicilindrici, diventiamo l’attrazione del paese.
Compriamo un po’ di pane e qualche scatoletta di tonno e io faccio amicizia con dei ragazzi che avevano lavorato in Italia e che, per loro errori con la giustizia, erano stati cacciati.
Mi sento bene, a mio agio. Fa caldo e la scatoletta sembra la cosa più buona che abbia mai mangiato.
L’itinerario continua direzione Metlaoui. I ragazzi con le loro “leggere” africa twin vedono sterrati e ci si buttano a capofitto. Io sudo, fatico ma riesco a stargli dietro. Ad un certo punto decidono di alzare la posta lanciandosi un una zona di sabbia e fango (aveva piovuto il giorno prima). Ci separiamo. Il mio GS, con il serbatoio di 30 litri è davvero troppo pesante per rischiare di impantanarmi. Ci diamo appuntamento in hotel. E’ la sera della vigilia di natale e con Talino incontriamo dei ragazzi che erano in nave con me. Roberto (che ha un club di 4×4 a Bari) ci invita al ristorante dove andranno loro. Accettiamo con piacere e passiamo una splendida serata brindando anche con qualche birra (portata di nascosto dall’Italia e opportunamente camuffata).
25 dicembre: Tozeur, Chott el Jerid, Douz
L’appuntamento è fissato per le 7.30 nella hall. Colazione e partenza per le 8. Talino si ricorda solo adesso della manutenzione alla moto e aggiunge olio nel motore. Nell’attesa vengo avvicinato da alcuni bambini che chiedono di potersi fare una foto con la mia moto. E’ successo spesso nel corso del viaggio, e quindi ci sono abituato.
Siamo finalmente pronti a partire direzione Kebili e da lì Douz.
La strada che costeggia il Chott el Jeri è forse una delle più incredibili che abbia mai visto. Lago salato immenso (senza soluzione di continuità) a destra e a sinistra della lingua d’asfalto.
All’altezza del piccolo chiosco di CHEZ MAMA, ci fermiamo a fare le foto di rito (oltre che a cazzeggiare con le moto nel chott). Parlo con il simpatico proprietario che mi dice che la stagione turistica non è più come una volta. Ci sono meno soldi e la gente spende di meno. Mi dice anche che lui è un berbero (un vento freddo sferza i nostri volti) e che a differenza dei venditori della medina, lui può vivere con o senza turisti. Può vivere con il caldo e con il freddo, mangiando quello che riesce a trarre dal deserto. Mi impressiona molto la conversazione con lui e sono felice di averlo conosciuto.
Arriviamo a Douz in tempo per trovare una camera (in quei giorni c’è il famosissimo “festival del sahara”) e quindi genti da tutta la Tunisia giungono qui. Ci sistemiamo all’hotel Medina e ripartiamo, scarichi di tutti i bagagli, verso sud. La porta del deserto, Zaafrane, ci accoglie con la sua desolata vita. Poca gente per strada e i soliti cammelli a bordo carreggiata. Ghidma, Es Sabria, El Faouar…
non incontriamo nessuno. Lingue di sabbia mangiano l’asfalto. Vento e sabbia. Con i ragazzi ci lanciamo in un off road su sabbia. Lascio la mia moto sul ciglio della strada battuta e con l’africona di Daniele mi diverto un po’.
I ragazzi impazziscono, saltano, derapano, si godono le dune.
Foto e video a documentare l’impresa e via verso Nouil.
Ci siamo ripromessi, in questo viaggio, di fare sempre benzina la sera e quando arrivo al distributore mi ricordo del consiglio del mio amico Pablito che mi disse di far lavare la moto una volta fuori dal lagoi salato per via della corrosione. Così faccio e con pochi dinari laviamo le quattro moto con un potente getto d’acqua.
Arrivo a Douz a pezzi. La guida su sabbia è spettacolare ma stancante. Come faranno mai quelli della Dakar???
A Douz rincontriamo Roberto e i ragazzi della cena del giorno prima. Mangiamo insieme e con stupore ci accorgiamo della pioggia, che incessante, cade su Douz.
26 dicembre: Douz-Ksar Ghilane
I ragazzi sono partiti all’alba per andare a fare fuoristrada. La mia moto non è molto off road per cui li lascio andare. Mi sveglio con calma, preparo tutto il bagaglio per la moto. Giro per la medina di Douz in cerca dell’adesivo con bandiera della Tunisia da attaccare alla moto. Mi arriva un sms dei ragazzi con le loro coordinate gps e il messaggio lascia trapelare che sono in difficoltà. Mi sento preoccupato, ma resto calmo pensando che comunque sono tre moto e tre persone davvero in gamba. Torno in hotel e vedo i ragazzi sporchi di fango fino ai capelli. Mi raccontano di difficoltà enormi e di cadute. Tiro la moto fuori dal cortile interno dell’hotel che ci ha fatto da parcheggio e siamo pronti a partire.
La direzione è quella di Ksar Ghilane. Un mito per me. Un po’ come capo nord per il nord, Ksar Ghilane è un punto da raggiungere a sud. La strada è ottima e arriviamo al bivio per la famosa “pipe line” con i mezzi in perfetto stato. Solo la moto di Salvatore sembra aver accusato i colpi che gli hanno inferto stamattina ma, fortunatamente, nulla di grave.
Un simpatico personaggio ci accoglie con the caldo e biscotti tunisini. Accettiamo volentieri perché il freddo è pungente e il cielo plumbeo.
Scriviamo i nostri nomi sul muro di qu
esta casupola trasformata in chiosco e ripartiamo. Il tizio si premura di raccomandarci attenzione perché ha piovuto molto e la condizione delle strade non è delle migliori. In un paio di km ci accorgiamo che aveva ragione. Le forti piogge hanno creato diversi guadi. Mandiamo in avanscoperta Daniele per capire la profondità dell’acqua e una volta appurato che si può passare andiamo senza esitazioni.
100 km nel nulla, incontrando poche auto e nessun insediamento. Solo un piccolo bar all’altezza di Bir Soltane. Siamo a Ksar Ghilane senza grossi problemi. Quattro case, due muli, una decina di cammelli e tanti bambini. Me la immaginavo diversa questa “oasi”, ma non faccio in tempo a guardarmi intorno che due ragazzi Italiani ci indicano la via per il campeggio. Sabbia per arrivarci ma la voglia di vedere la famosa pozza d’acqua calda è troppa.
Contrattiamo il prezzo e io decido (dato che mi ero portato la mia tenda) di sfruttarla, montandola liberamente. I ragazzi fanno l’ennesimo giro sulle dune. Io monto la tenda, mi doccio e mi preparo a quella che sarà la mia prima notte alle porte del deserto!
Nel prezzo del campeggio è compresa anche una cena di tre portate e con Daniele, Salvatore e Talino ci impossessiamo del tavolo e inizia lo show. Abbiamo una fame da lupi e Talino inizia a battere sul tavolo per avere al più presto le pietanze. Io e Daniele ci “scompisciamo” dalle risate, Salvo cerca di salvare un minimo la nostra reputazione. Arriva una zuppa, poi il riso con il pollo e un paio di arance per dessert.
Il freddo inizia ad essere pungente. L’escursione termica nel deserto è sempre molto forte, ma stasera il freddo è tangibile. Andiamo nella zona bar del campeggio dove c’è una stufetta e un gruppo di altri italiani. Iniziamo a chiacchierare e mi raccontano che fanno parte di un viaggio organizzato, con trasferimenti a bordo di potenti jeep con guida al seguito. Penso che non potrei mai fare parte di qualcosa di troppo organizzato e godo pensando a quello che abbiamo realizzato io e i miei soci (che nel frattempo sono andati a dormire beatamente in tenda).
Facciamo molte discussioni, anche serie, sul fatto che ormai la società va troppo veloce e non si può più fare nulla senza correre. Queste riflessioni prendono spunto dal deserto in cui ci troviamo. Qui tutto è relativo. Il tempo viene scandito molto più lentamente.
Mi infilo nel sacco a pelo pensando e ripensando alle cose che ci siamo detti e alle persone care lontane, alla “zia” Maria d’america che da un paio d’ore non c’è più e alla vastità del desertoin cui mi trovo. Il freddo non aiuta e mi metto molti indumenti uno sopra l’altro per resistere.
27 dicembre: Ksar Ghilane-Gabes-Kairouan-Tunisi
L’alba arriva come una liberazione. Mi sveglio, smonto la tenda e carico la moto. Per un malinteso con i ragazzi, salto la colazione e sono pronto a partire. Loro proseguono il tour. Io devo rientrare subito che stasera ho il traghetto.
Questa tappa è quella che più mi ha spaventato quando ero in Italia. Non avevo notizie certe sul chilometraggio, sarebbe stata la tappa più lunga e se mai avessi avuto un inconveniente tecnico sarei stato solo.
Parto molto presto da Ksar con ancora il serbatoione del GS adventure pieno per ¾. Sono tranquillo, accelero e non incontro nessuno per oltre un ora. Percorro a ritroso la strada del giorno prima fino al bivio per Matmata. Il freddo è intenso. Un vento forte spinge la moto di traverso. Nebbia intensa sulla strada che si inerpica fino a Matmata. Mi fermo, indosso l’antipioggia e proseguo. I km scorrono via senza problemi. La moto non ha cenni di cedimento. Ho fame e tra poco devo fare benzina. Mi fermo, piove. Mangio qualcosa in un paesino sperduto di fronte al piccolo ufficio postale. Ho del pane e le martellatine “rubate” a colazione. Riparto con la mia fedele carta Michelin 744 a farmi da guida.
Resto affascinato (come all’andata) del cambiamento di paesaggi. Mano a mano che risalgo la nazione, i panorami diventano meno aridi e più urbani. Nel traffico alle porte di Tunisi mi sento in difficoltà. Non per la guida (tanto nel traffico di Napoli è peggio) quanto nel dovermi riabituare ai rumori e alla così alta concentrazione di gente, macchine, cartelloni pubblicitari. Soffro pensando a quello che ho lasciato nel sud della Tunisia.
Sento un clacson nel traffico e penso sia qual
cosa del mio bagaglio che pende o una borsa non chiusa bene. Mi giro e vedo un uomo e una donna che con il clacson richiamavano la mia attenzione per farmi una foto con il cellulare. Faccio segno con il pollicione di “OK” e mi dirigo verso la Goulette.
Faccio il check in per la nave, controllo i documenti, riempio le fiches e dribblo amabilmente tutti quelli che per qualche euro si preoccupano di fare i documenti al posto dei turisti. Io non sono un turista e faccio tutto da me. Vado a mangiare a due km dal porto. Paninone e patatine per un euro, il resto lo investo in un grande pieno di benzina. Lì costa circa 70 cent al litro.
Faccio amicizia con i ragazzi del porto che vendono cammelli di pezza e altre amenità, mi sento molto tranquillo e loro quando sentono che sono di Napoli si mettono a loro agio. Sbarcano gruppi di 20 o 30 moto tutte insieme dalla GNV, quasi come se si avesse paura ad andare in piccoli gruppi o addirittura da soli. Io mi trovo sempre benissimo nel sud del mondo, sarà che Napoli, forse, è il posto più incasinato che c’è!
La moto: 1 BMW GS 1150 adv 2005 (+3 africa twin 750)
Abbigliamento: ottimo il pantalone pro summer bmw, così come la giacca Satzuma CLOVER.
Benzina: mai un problema, solo a Ksar si trova nei contenitori e non nei distributori “regolari”
Costi: ho speso circa 150 euro per benzina, cibo e dormire e altri 199 per la nave A/R da Salerno
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