LA PARTENZA E ARRIVO A DOUZ
Carico com’è di sogni, di timori, di eccitazione , il giorno della partenza ha sempre un sapore speciale. E’ il giorno in cui vada come vada il dado è tratto. Avrò con me tutto il necessario? La moto sarà davvero a posto? Avrò preparato tutte le cose che il gruppo si aspetta da me? Non c’è più spazio per i dubbi, relegati nel limbo dei timori, ma solo la consapevolezza che nello stesso momento i miei compagni di viaggio stanno eseguendo gli stessi riti, gli stessi movimenti, con le stesse aspettative.
Il gruppo. Siamo in cinque questa volta. Io (Biros), KTM 450 exc , Pablito, DRZ S , Scal,KTM 400 exc , Nello, DRZ E e Silan con Yamaha 400.
Nello e Silan non li conosco, neanche Scal li conosce ma a sentire Pablito dovrebbero essere due ragazzi a posto, in gamba, cosi dice lui.
Ci incontriamo sul molo di Civitavecchia in quattro mentre Scal “Il comodo”, ci raggiungerà la sera dopo a Tunisi in aereo.
Prima presa di contatto.
Nella foto a lato i due nuovi amici.
Nello, a dx, , in arte Stefano e nella vita soloendurista, è persona serissima, di poche ma lucide parole, mi da subito un’ impressione di grande affidabilità. Silan, a sx, detto U’Dario, è un ragazzo vivacissimo e la sua simpatia è pari alla sua loquacità. Nella foto, ormai a bordo della nave verso Tunisi, Dario non riesce a staccarsi dalla sua moto. Rimarrà cosi per tutto il viaggio!! Una forza. Pablito e Scal sono nostre vecchie conoscenze. Ci ha unito la passione per la strada, ora si è rafforzata nella polvere. Sulla nave il tempo è sospeso. Una parentesi che divide due mondi. Forse è giusto darsi questo tempo. La catarsi dai ritmi occidentali richiede anche la noia e, forse, è lei la vera chiave del passaggio a sud. Passata rapidamente la dogana (per i timbri oltre due ore…) ritroviamo Scal all’aeroporto e a mezzanotte inoltrata ci spariamo Tunisi – Douz in un botto. Cosi verso le otto del mattino siamo finalmente al Paradise Hotel. Nella foto, ormai all’alba, siamo vicini a Douz Il resto sono solo ansie, verifiche e preparativi finali. Nella foto Dario affida a mani “esperte” la sua motina per cercare di alzare il manubrio di qualche cm. Dovrà poi intervenire Scal per rimediare alla leggendaria precisione dei meccanici di Douz.
MANNAGGIA AL DESERTO DELLA PORTA ACCANTO.
Eppure a scuola e a casa me lo avevano insegnato. Mai accettare le caramelle dagli sconosciuti. Ho sempre una preoccupazione in testa. La serie di wpt che abbiamo sarà sufficiente? Ma si che bastano. In fondo manca solo la tratta El Borma – B. El Kadra (decine e decine e decine di km di puro deserto) che però guardando le carte e foto satellitari è una linea retta con direzione circa 167 gradi Nord. Se imposti questo angolo ci arrivi! Ma più dell’angolo mi convince la presenza del fido Mohammed, nostra guida per il secondo anno di seguito. Ormai ci siamo, la sera prima del grande raid ci sediamo attorno al tavolo e ci scambiamo tutti i punti, tutti i percorsi e finiamo di caricare i nostri fidi gps compresa la tratta che faremo domani. Iniziamo leggeri. Un percorso defaticante. La diretta Douz- Ksar Ghilane. Nella serie di foto sotto gli ignari ed ignoranti viandanti si dirigono felici verso il cafè du Desert. Non possono immaginare cosa li attende!! Dopo il Cafè du Desert decidiamo di precedere Mohammed a K.Ghilane, tanto abbiamo inserito nei gps i wpt della pista e niente può andare storto!! Procediamo spediti e sicuri, il vento in faccia e la sabbia nelle mani….guidare quaggiù è esaltante come la natura che ci circonda. Una sosta e confrontando dove siamo con dove dovremmo essere, decidiamo di tagliare per le dune e riprendere la rotta gps che abbiamo lasciato ad alcuni km da noi. Dovevo incominciare già allora ad insospettirmi.
Quei tre – quattro km non sono affatto facili, non mi ricordavo in quella zona rogne del genere lungo la pista. Arriviamo comunque al wpt di ricongiungimento. Bene.
Si prosegue verso il prossimo wpt. Che strano però. Il posto non ha l’aria di essere molto trafficato, non almeno per quanto ti aspetteresti sulla diretta. Vedo solo rare, rarissime tracce di veicoli che sono passati di li.Inoltre la difficoltà si mantiene alta, a tratti esagerata. Arriviamo con un po’ di preoccupazione al wpt successivo. Di fronte ci attende il prossimo, ulteriore wpt. Sono sbigottito. Non posso crederci. Non voglio credere che il gps mi dica di andare in quella direzione. Davanti a noi è la rappresentazione fisica, concreta, della parola caos. Un oceano di dune, alte, basse, a catino, senza sosta, vicine, vicinissime, in tutte le direzioni e il caldo morde cattivo ora che sulla moto le ore cominciano a diventare troppe. Anche gli altri gps dicono la stessa cosa. Una sorta di congiura satellitare è in corso??
Incomincio a sospettare che ci sia qualcosa che non va nei nostri wpt. Come cavolo li avevamo avuti quei wpt ??? Dobbiamo riposare mentre nel frattempo Dario, U’Dario la Forza, si avventura nei dintorni alla ricerca delle tracce di cui ora non c’è più segno.
Ne trova alcune molto labili. Dobbiamo decidere. Non manca molto al calare del sole e la benzina per alcuni di noi comincia ad essere un problema. Torniamo sui nostri passi o cerchiamo di arrivare a K-Ghilane che dista in linea retta una trentina di km? Un rigurgito di orgoglio di gruppo e la decisione è bella che presa. Si prosegue alla ricerca dell’oasi sperduta!! E di fatti ci perdiamo per la terza volta. Proseguiamo il più possibile in linea diretta verso la meta ma ormai non abbiamo più tempo. Il sole ci abbandona e mancano ancora 27 km alla meta.
E’ buio.
Accidenti se è buio nel deserto. Siamo soli, noi e le nostre moto. Una è pure in riserva e un’altra ci stà arrivando. Ad acqua non stiamo meglio, rimane solo la mia borraccia di riserva per tutti e cinque. E poi farà freddo, molto freddo e non abbiamo nessun indumento con noi oltre alle magliette che indossiamo.
Che situazione del caxxo!!
Perfino ridicola se pensiamo a quante persone trafficano quei luoghi per raggiungere Ksar Ghilane!!! Sembra proprio che dovremmo rassegnarci a passare la notte li, dove non so dove sia se non per degli strani numeri che chiamiamo coordinate NE. Pablito dorme sfinito, Scal non sembra stare molto meglio ma da qualche parte ha delle riserve segrete, Dario sarebbe in grado di fare quello che vuole ma ha finito la benzina e non ha nozioni di gps (meno male visti gli esiti…) , Nello non vuole rassegnarsi al fato e continua a ripetere che non ci sta!!
Io sono indeciso e incazzato nero.
Ho l’impressione di essermi perso in un bicchier d’acqua e di essere finito in questa situazione in un modo troppo stupido per essere vero.
Che fare?
Accettare la proposta di Nello di proseguire di notte con lui nel deserto cercando di raggiungere Ksar Ghilane e lasciando gli amici ad aspettare poi il nostro ritorno con i soccorsi (ammesso che ci riusciamo) o rimanere li, al freddo, affamati, assetati, ad aspettare l’alba?
E se poi, come molto probabilmente succederebbe, ci perdiamo?
Ma oggi, mannaggia, non dovevamo solo divertirci??????
Che razza di decisioni ci tocca prendere quando meno te lo aspetti!
Va be, partiamo nella notte.
Nello ha dei bei fari e apre la pista, io seguo poche decine di metri dietro.
Non è cosi terribile guidare di notte (a fari spenti…no, quella è una vecchia canzone..) tra le dune, gli equilibri sono gli stessi, manca solo il senso dello spazio, si è come in una piccola cellula di luce confinata, oltre la quale è il nulla del buio totale.
Concentrati sugli imprevisti non è facile darsi una direzione ma ci sono tracce ed è un buon segno.
LA FORTUNA ESISTE, IL CULO PURE!! ED ENTRAMBI, ASSIEME, A VOLTE RIMEDIANO ALL’IDIOZIA DEGLI UMANI.
Ora ne sono certo. Perché solo di quello si tratta.
Alcuni km dalla nostra partenza, dopo aver scollinato una duna più alta delle altre scorgiamo in distanza una figura umana che si agita verso di noi.
Siamo salvi!!
Il proprietario del Cafè du Grand Erg ci stava aspettando, messo in allarme dalla nostra guida che nel frattempo aveva mosso mari e monti per cercare di ritrovarci .
E cosi dopo due ore arrivano i nostri e vanno a prelevare il resto del gruppo.
Poi tutti di corsa a Ksar Ghilane attesi da tutto il popolo locale che naturalmente era al corrente del nostro smarrimento.
E cosi la giornata defaticante ha avuto la sua fine.
Ho ricostruito a posteriori il percorso fatto e quello teorico che avremmo dovuto seguire in base ai wpt caricati. Ebbene, i wpt caricati erano la traccia della micidiale direttissima che solo pochi pazzi osano fare a loro rischio e pericolo. Una variante suicida.
A proposito di caramelle, voi ne accettate ancora dagli sconosciuti?
IL RAID RIPRENDE.
2° GIORNO (verso il 1 campo)
Il giorno dopo, con un sano ritardo causato dalle gioie del giorno precedente, ci rimettiamo in viaggio verso sud.
Mi sento più pirla del solito e, a parte questa piacevole sensazione, comincio a lasciarmi alle spalle le paure della prima notte sopraffatto dalle sensazioni che mi trasmettono le ruote.
E’ una tappa di avvicinamento ad El Borma. Il programma sarebbe di arrivarci ma il ritardo alla partenza e la concomitanza del Ramadan ci obbligano a fermarci prima in una bellissima zona a ridosso del Grande Erg. Siamo in un campo disseminato di dunette alte pochi metri tutte da godere.
Nelle foto sotto la zona del campo
Quel grande cordone dunario laggiù però attira la mia attenzione e con Dario e Stefano decidiamo di provare a salirlo. A guardarlo non mette troppa paura, dista poco dal campo che rimane in vista. Poi è un’occasione per incominciare a testare le difficoltà che potremmo trovare più avanti.
Se il buon giorno si vede dal mattino sono bastati i primi duecento metri (praticamente in piano) per mettere in chiaro una cosa. Qualunque cosa sia sarà dura, molto. Bene, quella duna ci aspetta. Per arrivare a q uello che si può definire il punto d i attacco ci insabbieremo tre- quattro volte.
Ci sono quattro cosette che ho imparato e consolidato da questa e dalle esperienze precedenti.
La prima è che la sabbia continua a cambiare anche quando meno te lo aspetti (da sufficientemente grossa e portante a iper fine, il malefico fetch-fetch che ti fa affondare l’anteriore in un micro istante).
La seconda è che dietro a qualunque duna, di qualunque tipo e altezza, si può nascondere la peggiore delle trappole (salto nel vuoto con atterraggio a pacco in contro pendenza in un catino a pareti quasi verticali da cui non è possibile uscirne da soli).
La terza è che se non hai velocità sufficiente non vai da nessuna parte, neanche in discesa, e cadi.
La quarta è che se segui sulla sabbia la traccia di spedizioni che ti hanno preceduto nel tempo non è affatto detto che ti portino da qualche parte. Molto spesso le tracce ad un certo punto svaniscono (poco male, il vento opera sempre in tale senso) ma spesso ti accorgi che arrivano ad un punto morto e tornano indietro (magari dopo aver sputato l’anima per arrivare fin li).
A parte questo il resto è normale amministrazione.
La sosta al campo ha sempre un che di posticcio e di poetico.
Il prevalere di un aspetto sull’altro dipende da alcune cose e soprattutto avviene con il trascorrere delle ore che ti portano al sonno. Non manca l’acqua da bere ma quella per lavarsi rimarrà a lungo un sogno.
Lascio ad altri il compito di fare una descrizione (se lo vorranno) dei momenti di vita di campo e dei tramonti e dei cieli vissuti e delle stelle che incombono su tutto, insomma….della felicità di esserci.
3o GIORNO
3° GIORNO (verso il 2 campo) I LAGHI CHE VORREMMO
Anche oggi non partiamo prestissimo. Non abbiamo ancora assimilato appieno quegli automatismi del fare e disfare un campo e le scorie della nostra vita precedente sono ancora addosso a rallentarci.
Destinazione finale del giorno una sorgente ad alcuni km a sud di El Borma che finalmente ci permetterà una sosta notturna con possibilità di lavarsi!
Tra noi e lei è previsto un passaggio ad una sorgente intermedia, Ain Erziza, e la digressione verso i laghi 1 e 2.
Noiosi e pigri i km passano so tto di noi e verso mezzogiorno arriviamo ad Erziza
Non la ricordavo cosi bella con quelle due – tre pozze d’acqua larghe qualche decina di metri.Sono di un bel blu , fedele specchio di quel cielo che non guardiamo mai abbastanza.
Sappiamo benissimo che potremo fermarci solo giusto per mettere sotto i denti qualcosa ma Dario non ce la fa. Lui è troppo giovane, in un attimo si spoglia di tutto e diventa parte di quel blu.
Dopo un oretta si riparte, via, verso nuovi orizzonti!
E poi dicono che l’Africa è un paese arretrato!!
Quello che vedete non è un miraggio di civiltà, no, è proprio un cartello che ti avvisa della curva!!!! Peccato che sia l’unico che ci sia capitato d’incontrare ma almeno abbiamo apprezzato l’intenzione!!!!!!!!!
Dopo alcune decine di km è ora di prendere una nuova decisione.
4 ° GIORNO (verso il 3 campo) IL DESERTO COME L’HO SEMPRE SOGNATO
Alcuni mesi dopo il rientro dalla mia prima avventura africana le mie figlie, accorgendosi di quanta nostalgia provassi, mi fecero una sorpresa. Avevano trovato in una libreria specializzata un calendario dedicato ai deserti e cosi me lo regalarono. Bellissimo. Non so se lo fecero per puro amore nei miei confronti o se spinte da qualche secondo fine (la sera stessa uscirono di casa senza i miei soliti brontolii) ma tant’è, ogni mese una foto diversa mi ricordava quanto sono belle le forme della sabbia scolpite dal vento, con quel loro strano ed affascinante equilibrio cosi effimero. Le alte dune rosse di fuoco, le distese immense in cui prima del corpo è l’anima a perdersi, luoghi in cui la distanza tra quello che sei e quello che fai finalmente si annulla, eccolo il deserto che scorre nei miei pensieri, che anima le mie fantasie.
Una partenza quasi di buon ora. Logico, i km di questa tappa sono molti e tutti li, in quell’idea di deserto tanto accarezzata. Attraversiamo El Borma di corsa tanto non vale la pena soffermarsi in quel posto dedicato al petrolio. Subito prendiamo una pista che ci porterà all’inizio dell’ideale retta di 160.000 metri che passa da El Borma e arriva a B. el Kadra. I mezzi sollevano un polverone incredibile che non ci permette di stare troppo vicini l’un l’altro. Chi sta dietro guida quasi alla cieca. Finalmente abbandoniamo la pista e puntiamo decisi verso sud, verso la meta del viaggio, il motivo (almeno per me) che mi ha spinto fin quaggiù. Il deserto fino a B. el Kadra.
E incomincia il godimento. Puro. Non si può descrivere la libidine della guida sulla sterminata sabbia vergine.Il p rimo ovvio paragone che mi viene in mente è una sciata nella neve fresca, nessuna forzatura nei movimenti, spinta costante e dolci spostamenti del peso sono quanto basta a disegnare ampi raggi. Ognuno va secondo i suoi desideri e ci sperdiamo a largo raggio lungo il viaggio, scandito dalle rapide ricerche dei compagni che bisogna fare per tenersi in contatto almeno visivo.
I gps sono una conferma della navigazione, la memoria del dove siamo passati. Per dove saremo è Mohammed il nostro sicuro riferimento, la nostra bussola umana. Dopo un paio d’orette incominciamo ad intravedere le prime difficoltà. Non per le moto. Per le due vetture al seguito.
Avevo scordato, nell’euforia di questi momenti, cosa possa significare l’insabbiamento di una vettura. E’ una sudataccia tirar fuori dalla sabbia quattro ruote. Il sole è implacabile e ogni sforzo richiede quantità industriali di energia. Meno male per noi che i nostri supporti sono quasi del tutto autosufficienti!!
Gli insa bbiamenti delle vetture si ripetono due, tre, quattro volte ed in un paio di occasioni ho pensato che solo un carro cingolato avrebbe potuto risolvere la situazione.
Invece Mohammed ha dato prova di essere un pilota eccezionale, capace di inventarsi traiettorie impossibili per uscire da quei terribili insabbiamenti.
Le alte dune che vedevamo in lontananza si fanno sempre più vicine. Che meraviglia, sono proprio come quelle delle foto del calendario. Dapprim a sono al nostro fianco, alte, superbe, rappresentano il tempo del mondo e le ammiro con il rispetto dovuto ai capolavori della natura. Infine sono davanti a noi. Quelle non possiamo evitarle. Dobbiamo passarle.
Mohammed avanza sicuro, ora gli siamo più vicini, sappiamo che sta studiando, mentre guida, l’attacco migliore, quello che gli e ci permetterà di raggiungere la cima e scavalcare il cordone. E’ incredibile come riesca ad intuire i passaggi possibili ma ancora più incredibile è che appa rentemente lo fa senza curarsi eccessivamente di quello che l’attende appena dopo la cima. Incoscienza o estrema conoscenza? Ancora sono indeciso, ma per mia pura ignoranza
Nella foto una delle tante salite con ripetuti tentativi di scalata al limite per le vetture. La prima volta che ti affacci dall’alto del cordone che hai appena salito per scavalcarlo ti lascia perplesso. Improvvisamente capisci fino in fondo il perché è un obbligo fermarsi proprio li. Guardi verso il basso e vedi una lunga e ripidissima discesa che ti riporta venti – trenta- metri più sotto. La pendenza non diminuisce gradualmente a raccordarsi con il piano sottostante. No. Va giù di brutto e di brutto interseca il piano su cui appoggia
Ci guardiamo un po’ impensieriti. Mai fatta una discesa del genere. Mohammend non ha dubbi. Butta giù il muso della macchina e via di gas. Madonna santa….. per un attimo penso che si ribalterà, che scivolerà di lato e comincerà a rotolare sui fianchi, che, che, che… è arrivato come se niente fosse alla base ed ora si è fermato ad aspettare il resto del gruppo.
C’è sempre una prima volta! Penso cosi per darmi la spinta mentale necessaria a ingranare una marcia che spero sia almeno la seconda, accelerare, chiudere gli occhi e via….braccia tese e culo indietrooooooooooooo. Non so bene come mi ritrovo vicino a Mohammed, a guardare Scal e Pablito che ancora indugiano. Eccoli, uno dopo l’altro che si buttano a capofitto nella discesa. Vederli venir giù mi da un gusto incredibile e tengo il fiato sospeso come credo stiano facendo anche loro! Bravissimi, arrivano alla base in perfetto stile desertico. Il viaggio riprende e saranno ancora e ancora distese di sabbia, salite furbe e discese ardite e ogni volta un’emozione che si imprime nell’anima Nella foto a fianco la moto di Paolo giace abbandonata quasi sulla cima di una duna. Che fine a fatto Paolo? Forse rimirava quello che lo aspettava al di la??
Stefano e Dario sono una storia a parte. Si vede che sono bravi, ogni loro movimento è naturale, si muovono agili e sem bra che ci siano nati nella sabbia. Eppure per Dario è la prima volta e anche Stefano non ha grossa esperienza di deserti. Ma il fuori strada ce l’hanno nel sangue e anche quella discesa se la bevono tranquilli. Nello non è sparito… è in soccorso ad un insabbiamento della vettura!
Un paio di foto che riprendono volti diversi dello stesso deserto. Ormai siamo ben dentro il deserto ma ancora troppo distanti da B.El Kadra. Il tempo impiegato per disinsabbiare le vetture non ci permette di proseguire. Facciamo campo.
In queste foto solo vita da campo. Ora che siamo fermi osservo le tracce percorse sul gps e notiamo che ci siamo spostati decisamente verso est rispetto alla linea ideale, quelle che di solito viene percorsa dai più. La nostra guida ha paura di attraversare il confine Algerino e si tiene su un percorso che deviando si allontana dalle sue paure.
Dal monitor del pc portatile che Scal ha fatto portare nella vettura vediamo che questa deviazione ci ha fatti si allontanare dallo sconfinamento in Algeria ma ci ha anche portato verso un gruppo di cordoni dunari che si potevano evitare rimanendo lungo il percorso normalmente seguito. Non siamo dispiaciuti per questo, anzi.
5° GIORNO (verso il 4 campo) A VOLTE SUCCEDE (MA NON CONSOLA)
Ormai fare e disfare sono automatismi acquisiti. Troviamo tutto e mettiamo via tutto nei sacchi in tempi ragionevoli. Partiamo. Ormai nulla ci può fermare verso l’agognata Borgj El Kadra. O si? E’ tutto ok lungo il percorso che si snoda come il giorno precedente. Sabbia e dune stupende e la consapevolezza che mancano poche ore all’arrivo.
Nelle foto alcuni passaggi su cordoni dunari
Dario mi precede un centinaio di metri e Stefano è da qualche parte dietro di me. Sono rilassato e seguo Dario che scompare dietro il dunino.Eccomi sopra e poi la piccolissima discesa dalla dunina. Una sciocchezza. Che mi costa cara. All’improvviso, proprio alla base della discesina, la ruota davanti si impianta di brutto nella sabbia.
Non me lo aspettavo, ero rilassato, ero pronto a farmi male. Cado male, non sono veloce, ma cado male. Un botta sorda e dura sul fianco sinistro del torace, una lama nel polmone e il respiro che scompare. Caxxo, caxxo, caxxo. La parolaccia ha la stessa frequenza dei rantoli che emetto per riprendere fiato. Eccola qui a lato la maledetta!!! Un niente di discesa che mi ha fregato!!!!!!!!!
Qui sotto la moto risollevata, per lei praticamente niente, solo il manubrio disassato rispetto alle forcelle. Primi soccorsi. Stefano è subito da me e mi aiuta come può. In successione più o meno rapida il gruppo si riunisce e mi danno il tempo per cercare di riprendermi sdraiato all’ombra della vettura di Mohammed. Mentre ne approfittano per la pausa pranzo anticipata (sono ormai passate le 11) cerco di non pensare a niente e lascio che l’Aulin di Stefano lavori per me. Notate nella foto il volto molto preoccupato di Dario mentre si affatica per cercare di darmi almeno il supporto morale!!!! E’ or a di ripartire!
Mancano solo 40-42 km all’arrivo a B.El Kadra, mi fa male ma almeno la botta è calda e non ha ancora sviluppato tutto il suo potenziale dolorifico.
Col cav olo che mi lascerò fregare da quella stupida caduta!! NO, ormai nulla ci fermerà verso l’oasi. Riprendo la moto e via, sulle orme di chi mi precede senza più deviare dalla fresca traccia che mi avvisa per tempo delle rogne sabbiose.Il resto del tempo è fatto di scossoni che non vorrei e km che lascio alle mie spalle.
All’improvviso compare. E’ laggiù, lontana ma visibile. Un punto verde. Appena fuori dalle sabbie, dove inizia una pianura pietrosa con strane montagne isolate all’orizzonte. Una sconfinata pianura Libica.
Finita la sabbia si deve percorrere qualche km su una specie di pista che chiamare schifosa è fargli un complimento. Forse sarà per via della botta ma tutto quel susseguirsi di pietre e scalini rocciosi proprio non mi va. Comunque sia eccoci qui. Era da un anno che lo sognavo.
Nella foto, proprio la in fondo, una piccola macchia verde. E’ lei. Borgj El Kadra! Qui sotto la pianura Libica….chissà…. Siamo sempre più vicini…. Una grande palude piena di vegetazione precede il confine Tunisino, chiuso ai passaggi. Il controllo dei documenti e poi via al mitico bar del Kadra per le foto di rito. Sono stanco ma tutto sommato per adesso non va troppo male. Qui sotto il confine. Notare l’adesivo (eheh)!! La fontanella, testimone immobile del nostro entusiasmo, rinfresca le nostre idee.
Che goduria!!!! Meritato riposo al bar. Interno del locale pieno zeppo di scritte a cui si è aggiunta quella lasciata da Dario. Mentre Dario posa il resto del gruppo ha un miraggio. Che sia per il troppo tempo nel deserto??? Mi piacerebbe potermi fermare qui questa notte, anche se non è ancora tardi.
Ma siamo in fondo alla Tunisia che più non si può e ora dobbiamo risalirla. E’ Mohammed che decide per tutti. Si deve proseguire per recuperare il campo non previsto del giorno precedente. A malincuore sottostiamo alla sua decisione. Borgj El Kadra, toccata e fuga, quasi come un miraggio del deserto, della mente. Per conto mio mi rendo conto che in fondo però è meglio cosi. Ho non so quante centinaia di km da fare prima di tornare alla civiltà e prima li faccio e meglio è. Oggi poi se tengo la botta ben calda potrò diminuire questa distanza con minor disagio. Domani si vedrà. Ripartiamo seguendo una specie di pipe-line. A tratti veloce a tratti lenta, sempre una rottura. Ci ingoiamo un centinaio di Km prima di arrivare, ormai di notte, al punto previsto, Tiaret. Il campo più brutto di tutto il viaggio. Il primo campo dove teoricamente potremmo lavarci, è vero, ma non come avevamo sperato. Un posto assolutamente insignificante, anche pietroso, che mi da per la prima volta una strana sensazione di degrado.Comunque sono tutti gentili con me, si preoccupano della mia condizione e cercano di evitarmi tutti i movimenti che possono (e sono molti), quasi sono a disagio per quei modi per me inusuali. Sono davvero grato a tutti per questo, in particolare ai miei due vecchi amici di avventura.
6 GIORNO (verso il 5 campo) QUANDO I KM LI SENTI MA NON LI VIVI.
L’alba arriva sempre troppo tardi quando si fa finta di dormire. Ma arriva.
Oggi ci toccano 230 km circa. Noiosi come sempre sulla pipe. Ma forse anche perché dopo il deserto dei giorni precedenti nulla sembra poter essere meglio. La pipe- line sicuramente no. Non mi sento granché in forma ma quando sono in piedi tutto sommato ci sto. Non vediamo l’ora di finire questa distanza che non regala gioie, che non ispira avventura, che se non fosse per la sua intrinseca pericolosità ti farebbe addormentare. Come la notte anche questa tratta finisce. Arriviamo al campo di Zmela Labrisse al tramonto. Verso mezzogiorno ci riposiamo all’ombra di alcuni cespugli, gli unici che incontreremo. Verso sera siamo quasi arrivati.
A Zmela non devono fare il campo. Questo è un sito attrezzato. Peccato manchi l’acqua, il posto è l’ideale per attaccare il deserto verso la mitica Ain Ouadette che, per chi non lo sapesse, si tratta di uno dei percorsi più difficili da affrontare in questa parte del deserto e, a detta di molti, uno tra i più difficili in assoluto. Il nostro programma prevede che domani si parta proprio per quella meta Cena, finalmente un posto civile!
A Zmela ci ha finalmente raggiunto il camion 4×4 che prende il posto delle vetture e con quello Mohammed se la sente di portarci in quelle zone.
E non solo. Ci ha raggiunti una seconda guida speciale, il cognato di Mohammed, Lufti (non so se si scrive cosi).
Lufti non è una persona normale, è un gigante di oltre trent’anni che sa guidare le moto nelle sabbie come un fulmine e che conosce molto bene tutti quei luoghi per averli lungamente frequentati assieme a squadre ufficiali in allenamento quaggiù (cosi racconta ma credo non scherzi visto come guida).
Tutto bene, ma nelle mie condizioni non posso farla questa parte del giro. Devo rinunciare e tornare a Douz il prima possibile.
Cosi decidiamo una strategia che permetta al resto del gruppo di raggiungere comunque le mete previste.
Da Zmela raggiungeremo la vicina Ksar Ghilane e poi, sulla diretta per Douz, ci separeremo, io e Scal verso Douz e gli altri verso Timbaine e Ain Ouadette per le ultime due notti nel deserto.
Ok, mi sento di farcela, grazie anche al fatto che Scal ha deciso di seguirmi ed accompagnarmi nel rientro. Grazie amico mio.
7o GIORNO (verso non so più cosa) COME DICE IL DETTO?
LA FORTUNA E’ CIECA MA LA SFIGA CI VEDE BENISSIMO
Lascio la notte al suo destino,tanto sembrava non mi riguardasse, e alla sua ora ci mettiamo in moto verso Ksar Ghilane, una ventina di km. E’ una pista secondaria tutta piana e piena di sabbie intercalate tra loro. Una robetta da niente se non fosse per un ricordo dell’anno passato. L’ingresso a Ksar da quella pista. Per un pelo l’anno scorso nella duna difensiva d’ingresso all’oasi Scal non faceva un brutto volo. E’ un piccolo e stupido tratto di sali scendi impestato di carreggiate che si intersecano profondamente, giusto il tipo di carreggiate da mettere in crisi le due ruote. Siamo i soliti tre, Stefano e Dario sono già arrivati da non so quanto tempo. Avanzo per primo e proprio nello stesso punto dell’anno scorso mi viene in mente l’episodio di Scal.. Mi viene paura. Paura di cadere. RALLENTO, ERRORE, ORRORE, CADOOO. Dalla stessa parte del male. CAXXXXXXO DI NUOVO!!!. E’ il colpo del ko. Ben assestato, fulmineo e definitivo. Non sono più in grado di risalire sulla moto, ogni movimento è una nuova spada che si aggiunge a quelle già presenti tra le costole in alto a sinistra.BASTA.
Mi portano in camion dentro l’oasi e qualcuno raccatta la mia povera KTM ormai orfana. La sfiga ha dato il meglio di se con quasi tutta se stessa ragion per cui ora è il turno di una qualche sorte di fortuna. In primis sono a Ksar Ghilane, quindi ad uno sputo dal mondo abitato, magari non sarà un mondo svizzero ma sempre di mondo abitato si tratta. Poi è in sosta proprio a Ksar la tappa di un rally tedesco. Sapete, no, come sono i tedeschi? Hanno al seguito un’assistenza sanitaria da grido. Un mega carrello furgonato iper attrezzato con tanto di medico ed infermieri. OCCASIONE!! Mi faccio fare una visita che ne ho proprio bisogno Il medico deve essere un appassionato di questo genere di sport, lo capisco dalla sua premura e gentilezza. Avrà una quarantina di anni ed un volto simpatico. Fa quello che un medico credo faccia in queste circostanze. La sentenza. Non gli sembra ci sia niente di rotto e/o liquidi strani in giro per il corpo. Wow, che sollievo. A casa però sarà una storia un tantino diversa. Delle micro iniezioni di Voltaren, ripetute la mattina dopo, poco prima della loro partenza, stendono un velo pietoso tra come mi sento e come sto realmente. In aggiunta mi devo prendere per tre giorni, due volte al giorno, delle pillole sempre a base di San Voltaren.
Bene.
La mattina dopo la nebbiolina creata dall’acqua calda della sorgente.
Facciamo campo a ksar. Come sempre non mancano gli scorci da fotografare. Dobbiamo aggiornare la strategia.Mohammed mi porterà con il camion fino al cafè du Park (incrocio verso Timbaine) e li verrò prelevato da un pick-up che mi porterà fino a ouz assieme a Scal.Lufti violenterà la mia Ktm fino al bivio. Non so cosa mi faccia più male, voi che dite??
8o GIORNO (verso Douz) VA COME AVEVAMO PENSATO
Partiamo. Sono sul camion. Esattamente come pensato. E la moto non la vedo più, chissà cosa le succederà nelle mani di quel bruto!! Come posso avere dei ricordi di una simile situazione?? Ho resettato la memoria e basta. La mia fida me la ritrovo al bivio (lacrimuccia), come pensato. Il pick-up arriva e carichiamo tutto e partiamo alla volta di Douz, come pensato. Ci separiamo dagli amici che proseguono l’avventura, come pensato. Arriviamo a Douz e finalmente un letto e una doccia, come pensato.
Non stò bene di stomaco e neanche Scal. Questo almeno non l’avevamo pensato! Prima di abbandonare del tutto Ksar facciamo una visita al fortino, ultimo avamposto a sud dell’impero romano. Proseguiamo sulla diretta verso il bivio che ci separerà dal gruppo. Sembra facile ma arrivare in moto quassù non è uno scherzo! Bravo Paolo!! (io me la sono fatta in camion 4×4 sigh sigh) Arrivati al cafè Park facciamo sosta in attesa del pick-up che mi preleverà per portarmi a Douz. Sopra il tetto del camion troneggia Lufti, il gigante delle sabbie.
A Douz nel frattempo io e Scal proseguiamo nelle nostre attività di sopravvivenza. A metà del decimo giorno arrivano i nostri, gasati e sporchi come meritano!! Ore pigre in albergo. Penso ai miei compagni ancora alle prese con la sabbia…. Ma in fin dei conti sono contento di essere a riposo. Tira vento ma il tramonto è splendido. Chissà come passeranno la notte i nostri amici. Ecco Ed in versione turistica nella piazza di Douz prima di avventurarsi nei negozi pittoreschi. Il tempo che segue fa parte del rientro in Italia e a suo modo è in qualche misura un’avventura pure esso. Ma non racconterò niente di quel tempo, in fondo sono cose che potete scoprire da soli tutti i giorni comodamente in Italia, a casa vostra.
EPILOGO
Ecco, ho finito. Ho fatto questo diario per fissare le mie impressioni e i fatti che più mi hanno colpito in questo viaggio. Non so se ci sono riuscito come vorrei ma questo è quello che sono riuscito a fare. E’ stato una girovagare faticoso, non privo di sorprese e anche di strascichi sanitari ma in ogni caso, ancora una volta, non rinuncerei a nulla di quello che ho visto e vissuto. Ho potuto fare la conoscenza di Stefanio e Dario, persone grandi nel cuore e nella mente, e consolidato, se mai ce ne fosse bisogno, l’amicizia coi soliti ignoti. Cosa volere di più? A chi mi chiedesse perché lo faccio e molto probabilmente ancora farò, rispondo solo che nonostante tutto ho ancora bisogno di sognare e se avete letto fin qui spero che questo diario vi abbia trasmesso un granello di interesse verso quel mondo fantastico che è il deserto, nel bene e nel male.
Infine per i pochi curiosi informo che la diagnosi finale dopo una radiografia al mio ospedale è stata di una costola rotta (5° sx) ed una incrinata (6° sx).
Io comunque continuo a credere di più al medico tedesco.
Un abbraccio ai miei grandi compagni di avventura , a tutti i “fangosi” e al mitico popolo NET.
PS: nel racconto potevo fare alcune considerazioni di natura “tecnica”, che so, sui mezzi, sulla logistica e altro ancora. Ma non ne ho avuto voglia e poi non credo sia di grande interesse. Questi aspetti in fondo sono solo il supporto fisico alle emozioni, le uniche che meritano lo sforzo di essere condivise.
THE END
0 commenti