LA SABBIA IL DUBBIO E LA PRIMA META
Sono qua in una notte di dubbi a pensare se quei 20 minuti sulla sabbia intorno a Douz siano sufficienti per pensare di aver “preso contatto con il deserto”. Sono il terzo, quello che non c’è mai stato quello che ha comprato la moto d’istinto, senza pensare se fosse adatta o meno a questa avventura, ma più che la moto il dubbio è se io sia o meno in grado di andare senza essere un peso per gli altri: non posso intralciare la realizzazione del sogno che hanno cullato per un anno . . ..NON VOGLIO.
Ormani le parole ed i pensieri non contano nulla, fiondati verso Xar Ghilane, è sole è caldo …. sono vasconi di sabbia solcati , è dare gas per uscire indenni da quei solchi malefici, guidare in piedi, appeso al manubrio, sole e schiena che si ribella.
E’ sabbia sollevata dagli altri, sabbia che respiro che entra negli occhi, che mi ricorda dove sono.
Ci fermiamo le stesse facce entusiaste, lo stesso miscuglio di stanchezza e godimento, succhio avidamente dal camel back un misto iniziale di sabbia ed acqua caldissima che diventa poco dopo acqua calda, la fonte della vita che ristora! Ancora sole e dare gas per non restare imprigionati da quel mare di granelli che ti vogliono con loro che cercano di fermare la tua corsa. Irreale inatteso Il cafè de la port du desert ci accoglie: tappeti e cuscini, ombra che concede ristoro, la coca cola più buona che abbia mai bevuto. Sono li, con centinaia di altri che sono passati: uno di loro! Lo sguardo corre ai miei compagni di ora e si perde dentro i loro sguardi inseguendo le immagini dei molti che hanno inseguito il loro sogno in ogni tempo attraverso quei luoghi. Ancora in moto ancora più caldo, ancora più sabbia …stanchezza!! Arrivo sfinito al cafè grand Erg, chiuso, ma prodigo di ombra, mi sdraio e rinchiudo dentro i due generoso bandana che ho portato e dormo. Si riparte, ma io sono a pezzi e cominciano le dune più impegnative, cado una volta ed un’altra, per stanchezza, non riesco a stare in piedi per lunghi tratti e mi viene voglia di fermarmi, non si può andare piano, lo faccio e cado una volta ancora, mi giro mi guardo intorno … nessuno solo sabbia e sole, rialzo la moto e sono sfinito, mi appoggio … un gracidio …. e la voce di Biros che arriva attravero l’Alan: Ed dove sei? Paolo, non vedo più Ed … rispondo ….. alcune indicazioni poi vedo Lorenzo un KM sulla sx in mezzo ad un mare di sabbia: li rassicuro e riparto faccio un giro strano, incontro 2 jeep Francesi ed arrivo da Paolo e dalla 4×4 d’appoggio.Si continua, ho i crampi alle dita che tentano di irrigidirsi piegandosi veso l’altro e Xar Ghilane non arriva mai…. Poi la vedo verde e quadrata, irreale in mezzo a tutto quel mondo di sabbia e di sole, ma arrivarci costa fatica, significa andare veloci nella sabbia molle e solcata da qualsiasi cosa si sia potuta muovere in quel mare semisolido, passando vicino a decine di cammelli e persone che percorrono flemmaticamente la tua stessa via: togliere il gas significa cadere, a dispetto delle richieste ad andare piano …volo fin dentro il verde … il ristoro più agognato di sempre: l’oasi! Ce l’ho fatta, il mio primo giorno sulla sabbia ha significato 115 Km tra piste infide e sabbia soffice, Lorenzo e Paolo sono li, insieme, ora sarà ristoro e mangiare, acqua e racconti, per rivivere ogni momento, ma per me significa aspettare il domani per incominciare a godere di quegli stessi momenti con la consapevolezza di poterlo fare …. Xar ghilane è stata la vera sfida, ed ora diventa la mamma accogliente ….ma questa è un’altra storia.
Nella notte il sonno ed i risvegli si susseguono seguendo cicli forse solo apparentemente casuali, nei molti momenti semicoscienti, i ricordi del giorno precedente sono scanditi dal rassicurante respiro dei miei compagni di avventura, così la chorba calda e ristoratrice della cena si confonde con l’impegno del percorso, fino a raggiungere quella dimensione in cui il tutto diventa armonico, in cui le cose che sono devono proprio essere tali e quali.
La mattina ci vede animati dal sacro fuoco dell’efficienza, intorno alle moto a controllare che non ci siano segnali di possibili problemi, a coccolarle per assicurarsi che il giorno precedente le abbia lasciate integre e pronte alla prossima fatica; Questo rito ci accompagnerà ogni giorno, compreso fare il pieno di benzina e riempire di acqua i camel back, gesti precisi ogni cosa al suo posto, nulla che disturbi qualsiasi situazione di guida, e si parte. La sabbia tanto difficile nella stanchezza del giorno precedente, percorsa per arrivare, vola sotto le nostre motine, in un attimo siamo lontani , ci fermiamo, un ultimo sguardo indietro, verso quella macchia verde, solo un attimo, come per scacciare la voglia di restare, poi la pista ci risucchia dura di sassi ricoperti da poca sabbia: dura, perfino troppo sento sul manubrio ogni piccola asperità dopo qualche Km mi fermo un’occhiata alla ruota anteriore: ho forato! In un attimo Morendo estrae il necessario dal magico cappello, ci mettiamo li e in un quarto d’ora cambiamo la camera d’aria, gonfiamo la gomma con le bombolette di aria compressa e ripartiamo. Un tratto di pipe line dura ed insidiosa nei tratti invasi dalla sabbia, con i solchi nelle curve che fanno allargare la moto fino all’inverosimile, poi prendiamo una pista sabbiosa secondaria, la meta è AIN ERZIZA, un pozzo di acqua sulfurea non lontanissimo da EL BORMA , Cerco ancora la mia posizione ideale sulle pedane, ma fatico molto, ho persino messo sul portapacchi il mio giubbino da enduro per potermi sedere dietro in alto quando non ce la faccio più a stare in piedi e la cosa funziona abbastanza bene anche se non sono ancora del tutto soddisfatto. Tiriamo da matti, in alcuni punti tocchiamo velocità di punta di 90 – 95 Km/h, in un punto vedo Lorenzo entrare in un vascone di sabbia, sbandare raddrizzarsi aiutarsi con le lunghe gambe e uscire dall’altra parte in una grande nuvola di sabbia, io sono veloce e vicino, penso: mai frenare! Accelero, ma una grande buca soffice prende l’anteriore, in un attimo sono come catapultato sul manubrio, resisto due o tre metri, poi volo avanti alla moto che mi raggiunge sopra a mò di piumone invernale, in un attimo i compagni sono li, li rassicuro con la mano, mentre faccio l’inventario di possibili problemi: nulla, nemmeno un dolorino remoto, stivali e protezioni hanno fatto un lavoro egregio, sugli stivali troverò il solco lasciato dal tubo di scappamento, ma io non ho neppure un livido. E’ stata l’unica vera caduta, un’imbarcata di quelle che non ci si può fare nulla, ma per me è stata anche l’ultima, non sarei più caduto per tutto il resto del viaggio.
Arriviamo a AIN ERZIZA, con l’ultima luce del giorno, non saprei come definire quel luogo: una pozza di acqua sulfurea che ha permesso ad una pianta con fronde di crescere contornata di arbusti verdi di insolita grandezza. Tutto intorno (e sarà una costante di ogni punto d’acqua) gli escrementi di ovini e caprini assumono via via maggiore densità avvicinandosi all’acqua, in quanto tutti gli animali di passaggio, dal deserto aperto vi convergono.
Il Primo campo: gesti veloci, ci si aiuta e in una mezzora le tre tende sono montate, le moto fungono da appendiabiti per caschi protezioni, noi finalmente in pantaloncini e maglietta godiamo del fresco della sera e un certo languorino ci ricorda che abbiamo saltato il pranzo (cosa ricorrente in quanto al massimo ci si concedeva una mela a testa). Il nostro accomapagnatore ha preparato la parte mangiareccia del campo, sembra incredibile, ma sta facendo il pane, mentre nel gran tegame un pò di tutto quello che abbiamo sta sobbollendo allegramente per diventare chorba. IL PANE. E’ incredibile come in quatro e quattr’otto Mohamed prepara l’impasto, fa una buca nella sabbi, mette della brace su fondo e tutto intorno, ci mette l’mpasto dentro e ricopre il tutto con la brace messa intorno e con la sabbia: dopo una mezzora un pane buonissimo e per nulla sporco o insabbiato è pronto!!
Di questo giorno oltre alla bontà del pane e della prima chorba nel deserto ricordo le stelle che una alzata fisiologica notturna mi ha permesso di ammirare: lontano da qualsiasi fonte luminosa il cielo mostra un’enormità di stelle luminosissime che sembrano scendere fino a toccarti la testa, ma anche restando al loro posto l’anima quella si che te la toccano comunque, i pensieri si smarriscono di fronte all’universo, mai così incombente a ricordarti di quale minuscolo puntino di materia sei fatto, dagli occhi pieni di meraviglia l’abbraccio entra dentro ogni piccolo angolo recondito di me e mi viene voglia di aprire le braccia per circondare ed essere circondato.
La mia prima notte di deserto assoluto mi rapisce, lo sguardo corre intorno le sgome delle tende e della moto si stagliano contro quel formicare di luci lontane, sono emozionato: è bellissimo!
TERZO GIORNO – LA SCONFITTA
25-10-04 Il nostro programma era di dirigerci verso El borma, ma di effettuare una diversione senza la Jeep di appoggio, cioè, mentre il pik up andava dritto verso EL borma (circa 60 KM) noi avremmo raggiunto un lago di cui avevamo il Way point: l’auto d’appoggio non poteva seguirci in quanto non c’era una pista e le dune da attraversare rendevano la cosa impossibile. La nostra guida sconsigliava di avventuraci in quanto non avendo quest’anno ancora piovuto la sabbia era insolitamente impalpabile. Sempre per la logica del terzo, cercavo di nascondere (credo senza riuscirci del tutto) la preoccupazione che la situazione mi procurava, ma tant’era che in tre eravamo ed in tre si andava! Prepariamo le moto riempiendo le taniche laterali di Biros e le mie (in tutto 20 lit. di acqua più il litro e mezzo di ciascuno del Camel Back) …… e la tecnologia ci viene in soccorso! Paolo e Lorenzo avevano con loro i GPS con i punti necessari per raggiungere il lago, ma le indicazioni che restituivano erano sconcertanti, soprattutto quello di Pablito indicava la meta dritta davanti, qualsiasi che fosse la direzione della moto; ragione pre cui decidiamo di andare dentro le grandi dune senza prò cercare di raggiungere il lago, per questo dico che la tecnologia, non funzionando a dovere ci ha soccorso impedendoci di fato di cacciarci in situazioni pericolose.
Si parte, la sabbia era maledettamente soffice e restarci a galla molto difficile, superiamo una salita media, ed iniziamo a scendere, prima dolcemente, poi sempre più ripidamente, finche le moto cominciano a sprofondare e ci fermiamo. La situazione non era bellissima, in quanto era pur vero che non ci eravamo allontanati dalla pista che di un paio di Km al massimo, ma le scelte che sembravano essere possibili ci portavano a scendere ancora in un catino impalpabile o cercare di risalire per dove eravamo venuti. Personalmente ero già sfinito per aver collaborato a liberare ruote dalla sabbia e l’ora ci portava verso lo Zenit del sole. Ci fermiamo a riprendere fiato, ma il prode Ser Lorenzo del lago (quello che non raggiungeremo mai) sembra indistruttibile ed infaticabile, così mentre i due vecchietti cercano un’ombra degna di questo nome, Biros percorre quasi un km a piedi per trovare una via di uscita. Al ritorno tutti e tre ad aspettare che il sole diventi meno impietoso ed a riprendere forza, poi Sempre Lorenzo apre la strada ed arriva in cima ad una montagnola parzialmente rocciosa, e noi dietro, finalmente in alto, tanto da poter raggiungere da la il pik up senza grossi problemi.
Proseguiamo per EL borma su una pista sassosa, anche abbastanza noiosa,con curve sabbiose dove la moto segue traiettorie tutte sue, ma il deserto ci ha mostrato quanto può essere pericoloso, con una dimostrazione misurata, benevola, quasi da padre premuroso che non vuole esagerare, dandoci la lezione di una sconfitta senza conseguenze, una ritirata dopo un assaggio onorevole.
EL BORMA Arriviamo ad El borma, un centro di estrazione petrolifera che una cooperazione Italo Tunisina adorna di grandi insegne gialle con un cavallo nero e la scritta AGIL (quasi parafrasando l’insegna AGIP italiana). IL posto è sconcertante, grandi complessi e palazzine danno un senso di sicurezza “civile” dopo quasi 250 KM da xar ghilane in cui non si incontra nulla, ma un fuoco inquietante sempre acceso, migliaia di fusti accatastati dentro immensi recinti e tubature futuristiche che contornano il tutto sembrano una aberrante intrusione in quell’ambiente. Giusto il tempo di gonfiare le gomme delle moto e ci allontaniamo di una ventina di km su una pista sabbiosa abbastanza impegnativa, fino a raggiungere una presa d’acqua sulfurea, dove questa traccia sulla sabbia termina in una spiazzo pianeggiante, e li ci fermiamo piazzando le tende ad una ventina di metri dalla fine della pista. Questo sarà il nostro secondo campo, e li ci fermeremo due giorni, intanto idromassaggio con l’acqua calda a pressione che esce da una flangia della tubatura …. E la cena con gli amici: oggi non sono caduto (infatti non lo farò più) ancora non lo so, ma questo sarà per me il giorno di passaggio, tra l’impegno difficile ed il divertimento, oggi già mi sentivo più in feeling con la moto e lo scenario, ma faticavo e mi impegnavo per trovare un equilibrio che scoprirò poi essere possibile senza grandi sforzi …. Ma questo è un’altro giorno …… per oggi sono stati 95,5 KM di pista dapprima sassosa, ed infine una ventina di sabbia molle con arrivo tra le dune, il ristoro dopo la stanchezza propone calde minestre, pane, il fresco della sera e le stelle a fare festa.
QUARTO GIORNO – LE GRANDI SABBIE
26-10-2004 Sveglia presto, le moto sono attrezzate con 10 lit. di acqua e Biros sulla sua moto porta anche il serbatoio supplemementare da 12 lit. di benzina.
La meta è CHOUECH un pozzo d’acqua potabile (ma non per noi) ad una cinquantina di Km dal campo, il pick up resterà al campo in quanto dopo poca pista sabbiosa si entra nelle grandi dune e nessuna 4×4 potrebbe tenere il ritmo delle moto, inoltre la nostra macchina ha problemi di accensione e sullaq sabbia soffice non ci sarebbe verso di metterla in moto a spinta.
Partiamo su una pista di sabbia smossa che nei percorsi in salita si tuffa dentro a dune sabbiose molto alte, in una di queste c’è una specie di passo alpino, una gobba più bassa dove si dovrebbe passare, ma proprio li in mezzo c’è gente che si danna per far salire una jeep, quindi non c’è verso di passare, un’occhiata furbetta ed affrontiamo la duna di destra alta e vergine, io sono il terzo, un po indietro, arrivo di slancio sopra il passo e rientro a fianco di due jeep che sono passate, ci sono le ragazze passeggere (francesi) ed un tipo che mi chiede di liberare la strada perché sta arrivando un’altra macchina: mi viene da ridere, se quello che aspettano è lo stesso che sta tentando per l’ennesima volta di risalire lo aspetteranno per un po; comunque chiedo se hanno visto altre moto, mi dicono che sono più avanti, allora riparto e trovo Paolo e Lorenzo esultanti. Abbimo aggirato un ostacolo che a prima vista sembrava invalicabile, siamo tutti gasatissimi e si prosegue.
Dopo 4 o 5 km la pista devia in un mare di sabbia e incomincia una goduria difficile da descrivere. Immaginate di essere dentro un oceano di sabbia senza nemmeno un accenno a qualche cosa che possa definirsi materia solida, non un sasso o un pezzetto di pista solida, solo sabbia soffice, filiamo via a 70-80 all’ora in qualche punto credo anche più velocemente, alcuni piccoli segni del passaggio di ruote e dei fusti di carburante vuoti segnano in modo abbastanza indistinto una traccia larga una trentina di metri, e noi tre che filiamo a nostro piacimento si sale e si schende da gobbe dolci, che piano piano ci portano più in alto, le moto rispondono benissimo e solo quando si rallenta si sente la morsa della sabbia, lo spirito si esalta, siamo dentro la sabbia e le grandi dune, intorno le MIE traiettorie si incrociano con quelle dei miei amici, compagni, viaggiatori, Paolo e Lorenzo che condividono momenti esaltanti. Poi arriviamo in un punto in cui la pista si perde in un catino ed è ora di pranzo, troviamo degli arbusti alti e ci fermiamo (poi scopriremo di esserci fermati ad un passo dalla fine delle dune) ma prudenza ed un caldo da solleone ci consigliano prudenza. Mangiamo una insalata ristoratrice, a cui dovrò 2 o 3 giorni di tribolazioni intestinali, ma questo è lo scotto che ho pagato contravvenendo alla semplice regola di mangiare solo cibi cotti: il problema è l’acqua con la quale l’insalata viene lavata, che non essendo quella delle bottiglie …… Ma questa è storia di domani. l’oggi ci vede ritornare attraverso il mare di sabbia, mentre il cielo si fa strano ed il vento porta nuvole e rare gocce di acqua, lo stesso vento che estirpa le nostre tende e ci obbliga al ritorno a rimontarle e rinforzare adeguatamente gli ormeggi. Per la sera è previsto a un paio di km di distanza l’arrivo di più di 40 jeep guidate da un parente del nostro Mohamed, per noi questo significa che dalla preparazione della cena per i cento e più turisti su 4×4 ci arriverà carne di capretto per il cous cous. La sera a cena vede un rito tutto indigeno, quattro uomini che in un cielo di stelle e nuvole condividono il vassoio con il cous cous secondo la tradizione tunisina, perché quello è un piatto che si mangia in famiglia, ed in effetti, non credo che siamo sati qualcosa di diverso, 4 uomini, uno da Roma, uno da Trento uno da Fabriano ed uno da Douz che condividono il cibo pescando dallo stesso vassoio: siamo in pace con noi stessi, la giornata ci ha regalato emozioni ed il deserto “le grandi dune”. MA non è finita, mi scompiscio dal ridere se solo ripenso all’improbabile quadro, dove un signore romano con pantaloncini corti e ciabatte da camera discute animatamente con i francesi delle jeep che passano a 20 metri da noi (avendo il pozzo come riferimento sul GPS) perché sollevano polvere e disturbano la nostra cena!! Comunque le jeep insabbiate inesorabilmente lungo il percorso sono continuate a passare fino quasi a mezzanotte, mentre noi assitevamo allo spettacolo di stanchissimi ed affamatissimi francesi che spalavano sabbia, mettevano piastre e si insabbiavano ancora ad appena 200 metri da noi. Ancora non lo sapevo ma la maledizione di Montezuma stava per piombare su di me ….. ma questo appartiene a domani…..oggi sono stati 78 km di sabbia …sabbia quella vera: nulla in confronto a domani …che sarà Il giorno più bello, quello più faticoso, quello con le brache calate dietro alle dune ……. ma questo appartiene a quel domani che nessuno di noi conosceva ……. CONTINUA
QUINTO GIORNO – IL MASSIMO
Il quinto giorno la mattina è corsa dietro le dune, sono dolori di pancia, preoccupazione.
Si parte e la pista diventa una traccia sperduta in immense praterie.
Le moto sciamano lontane, le traiettorie si incrociano.
Il quinto giorno è libertà
Finalmente ho trovato l’equilibrio sulla moto, guido in piedi in scioltezza.
Mi fa male la pancia tantissimo.
Improvvisi un canalone di traverso, la moto si tuffa dentro, resto flessibile sulle gambe, in fondo un colpo di gas ed una spinta sulle pedane, la moto schizza su da 2 metri di dirupo ….. mi sento imbattibile.
Mi fa male la pancia.
Corro in un vallone in basso a fianco della pista, che finisce contro una parete della collina, in un attimo decido, risalgo il costone della pista: Pablito mi vedrà comparire dal nulla impennato proprio davanti a lui, mi sento capace di qualsiasi cosa.
MI fa male la pancia.
Le gambe flesse aiutano a livellare le asperità, mi sento in forma.
Vedo Lorenzo in lontananza che fa lo scout alla Davy Croket, abbiamo a disposizione un mondo infinito.
E arrivano le colline con mulattiere dure di sassi smossi.
E arriva la sabbia ad onde di dune intramezzate da savana.
La moto risponde ad ogni minima sollecitazione del gas, gli ammortizzatori lavorano che è un piacere.
Mi fa male la pancia.
Paolo e Lorenzo a volte mi camminano a fianco …. è fantastico vedere le loro moto che filano via, sembrano animate da vita propria, sembrano quasi giocare insieme.
Lorenzo al mio fianco improvviso un altro fossato a V molto profondo, non c’è tempo per pensare, solo istinto: le due moto scompaiono inghiottite dall’orco, per schizzare fuori insieme, un’occhiata un sorriso di soddisfazione… una cosa che ci lega ancora di più.
Poi arriva la sabbia, dove comincio a saltare le piccole dune ….. una goduria. Un coplo di gas al momento giusto e la ruota dietro scava un solco proprio in cima alla duna e la moto vola per qualche metro: fantastico, mi sento in perfetta sintonia come mai.
Mi fa male la pancia.
Ed è ancora sabbia, ancora pista dura ….. È fatica.
La mia pancia chiede di fermarmi, ma questo Bir auin …. non vuole arrivare mai.
Saranno 220 Km in mezzo al nulla assoluto, la tappa più lunga, la fatica più grande. Il giorno più lungo e più bello, il giorno in cui con la Kappetta ho trovato un feeling che non pensavo possibile.
La sera, le molte corse dietro le dune.
Non cenerò, solo un limone ed a letto subito.
Credo di avere avuto la febbre.
Le tante stelle, fantastiche come sempre, anche se li in piena notte accucciato dietro una duna l’animo poetico passava in secondo piano.
Faccio in tempo con Paolo a vedere un lupo o una volpe del deserto che rinuncia ad andare al pozzo quando vede che la nostra guida e Lorenzo sono arrivati prima di lui.
Nella tende, ascolto le voci lontane dei miei compagni …..
Domani speriamo di stare meglio … oggi …..rivedo le molte immagini, poi piano piano il sonno mi accoglie.
Continua
SESTO GIORNO – LE DUE OASI
Il sesto giorno comincia dietro alla duna con dolori di pancia, ma le pillole che avevo portato dall’Italia faranno presto muro, generando il problema opposto ….. Comunque si parte.
Oggi come ieri, tra me la motina ed il territorio è ancora amore, per cui supero ogni tipologia di terreno, non solo senza apprensione, ma divertendomi come un matto.
Come in tutte le cose della vita, quando la nostra capacità ci libera dal problema della sopravvivenza, possiamo lasciar volare la mente e gli occhi, così da motociclista molto concentrato a non cadere per lunghi tratti posso quasi ritenermi viaggiatore, e il paesaggio, il pick up, i miei compagni di viaggio assumono un valore completamente diverso. Ora posso dire di osservare, così cerco con lo sguardo Lorenzo che sovrasta con la sua mole la moto, cerco Paolo condannato a guidare seduto per colpa dell’interruttore di sicurezza del cavalletto, vedo la jeep, prezioso riferimento con Mohamed, che ormai consideriamo un compagno di avventure.
L’ora di pranzo ci vede arrivare in un’oasi minore, AIN ESSABAT, prodiga di ombra e cibo, ma mentre i miei compagni si strafogano di cibi speziati, io mi devo accontentare di un piatto di riso in bianco. L’ospitalità è sempre generosa e riesco persino a dormire stravaccato sui onnipresenti tappeti nella frescura del bar …..
Si riparte e presto arriviamo a Ksar Ghilane, l’oasi, quella meta sempre agognata, il punto di arrivo per tanti sogni. All’igresso un perfido monte di sabbia quasi interrompe la mia invulnerabilità, riesco a stare in piedi (sarebbe stato oltremodo infamante cader davanti ad ogni genere di spettatori).
Ritroviamo il solito camping, le solite tende berbere, ma anche un’invasione di schiamazzanti turisti italiani, francesi e tedeschi,…. sembra Rimini….pazienza, nemmeno il bagno rituale nel laghetto di acqua calda e sulfurea riporta la magia del primo passaggio all’andata.
Piano piano riassumiamo un aspetto civile, si lavano magliette calzini e mutande che cominciavano a risentire dell’uso, ci si dedica a noi stessi come se quel quadrato di verde in mezzo al nulla fosse l’avamposto delle abitudini civili e piano piano comincia a formarsi nella nostra mente l’idea di “compiuto” che ci restituisce una sensazione agrodolce: quella sensazione di “essere riusciti” che ha in se insito l’avvicinarsi della fine del viaggio, ma nessuno osa solo minimamente manifestare un qualsiasi pensiero in questa direzione. Siamo tutti presi a discutere dell’impegno di domani, dopo poche minuti di incertezza si decide: Domani si rifarà la diretta al contrario, domani Kar ghilane Douz con le sue dune e …. “fanculo anche alla pipe line”, quella la lasciamo ai gipponi dei turisti in ciabatte!!
SETTIMO GIORNO – L’ALTRA FACCIA DELLA DIRETTA
Ci svegliamo presto, ormai siamo consumati motociclisti delle dune, con gesti precisi ed effici sistemiamo le moto e completiamo il rito della vestizione, i serbatoi sono pieni, un incrocio di sguardi eloquente più di mille parole e si parte. Nella mia mente sui accavallano le immagini della fatica e della difficoltà patite nella tratta di andata, in cui ero anche caduto 3 volte, a velocità bassissima.
A me capita spesso che affrontando una fatica la seconda volta, il ricordo è peggiore della realtà, che si presenta più facile e vivibile del timore, ma in questo caso la differenza è abissale, quel tratto di sabbia ……sabbia e dune ora è divertentissimo, gioco con la moto fino a prendermi dei rischi ….. infatti le dune più o meno regolari, nel fuoripista, spesso nascondono voragini di qualche metro, invisibili fin quando non ci si ritrova sul bordo……Ma è una goduria, un paio di volte mi ritrovo scomposto inghiottito da quei dirupi molli, ma peso indietro, mai toglier il gas, anzi …..vale sempre la regola “nell’empasse ….ecc….”. Cresce la consapevolezza e il piacere della compagnia.
Ad un tratto in un rettilineo di pista sabbiosa vediamo 2 moto ferme sono 2 KTM LC4 assettate desert, con tutto quello che di tecnologico è disponibile, ben diverse dalla mia Kappetta “accessoriata Home made”, i piloti sino due olandesi vestiti tutti tecnologici anche loro, con una piccola particolarità: una delle due moto è in panne, l’olio non vuole saperne di arrivare dove serve! Il Businnes si impadronisce di Mohamed che contratta il prezzo per il trasposto, così si prosegue con la moto caricata sul Pick Up e l’olandese a far compagnia a Mohamed in cabina.
Partiamo e con Lorenzo cominciamo a giocare con la sabbia, finchè ci accorgiamo che Paolo non c’è: chiamo con l’alan e sento Paolo che dice qualche cosa del tipo “non parte” poi le sue batterie chiudono il discorso. In effetti l’uomo in giallo con la moto gialla è in mezzo alla pista un paio di Km indietro …. semplicemente il motorino di avviamento non gira! Mettre in moto a spinta la moto sulla sabbia non è sicuramente una pratica entusiasmante: peggio quando un certo paolo la fa subito spegnere per doverla spingere di nuovo!! :)). Alla fine partiamo, e arriviamo di volata al cafè grand erg, che troviamo aperto e prodigo di ombra e bibite fresche: che goduria rispetto all’acqua caldissima del camel back! Si prosegue, io sono attraversato da sensazioni contrastanti: mi diverto, si tavolacci è ormai il terzo giorno in cui mi diverto tantissimo, ho perso la parte malefica dell’impegno, quel senso di inadeguatezza e di apprensione, ora c’è solo, il giusto impegno, certo non è facile, ma riesco ad assaporare e ad essere artefice delle emozioni che provo; ma vedo avvicinarsi la fine del viaggio….da domani sarà tutto diverso.
Arriviamo al cafè de la port du desert, invaso da quad e moto di ogni genere, il ragazzo del bar (avrà 12 anni) ci riconosce, siamo dentro quel cosmo di viaggiatori più o meno viaggianti che attraversa quei luoghi ognuno con la sua stella polare negli occhi. Si riparte, la tratta tra Le cafè de la port du desert e douz è sempre molto faricosa, in quanto e un misto di sabbia e “duro” piena di canali, con la moto che cambia frequentemente di rotaia, poi è l’albergo di douz, sono le palme da dattero, è la piscina accogliente e rilassante, douz con la sua piazza circolare, come un abbraccio ci coccola, mi immergo nella babele di voci e di colori …. vivo la sera tunisina parlottando con i miei amici. E’ il 29 Ottobre, oggi abbiamo percorso 110 Km …. 110 km in perfetta simbiosi con le moto, la sabbia ed il solito Mohamed. Siamo tutti un pò frastornati, consapevoli di aver vissuto un’esperienza molto forte, con lo spessore della fatica e con un bel sentimento appagante di vittoria, piano piano la sensazione che il più è fatto e che i prossimi giorni non potranno avere lo stesso significato genera in me la nostalgia di casa, e un minimo di insofferenza pensando ai 5 giorni con pochi contenuti che ci aspettano prima di tornare alle mia famiglia
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