- Questo topic ha 18 risposte, 18 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 17 anni, 10 mesi fa da
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dopo 2 ore che lavavo l'”erede” (ho fatto lo sbaglio di non pulirla subito domenica sera) e le facevo la minima manutenzione mi arriva il seguente sms-infoTim :
Dakar, tragedia durante quarta tappa: incidente mortale per motociclista sudafricano Emer Symons.
mi si è gelato il sangue…………
ho spento la luce e chiuso il garage …… -
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Dopo l’ennesima tragedia sono qui a domandarmi se questa corsa ha ancora significato di esistere.
Ormai da parecchi anni ha perso quel fascino particolare delle prime edizioni,non c’è più quella sana competizione,ormai la fanno da padroni i team ufficiali che impogono loro regole a tutto favore dei propi piloti.
piloti ufficiali che rispetto ai poveri cristi dei privati appena finita la tappa se ne vanno a riposare mentre il privato dve spesso lavorare tutta la notte con la conseguenza secondo il mio modesto parere che l’indomani è costretto a guidare con una stanchezza ulteriore che lo porta a guidare spesso in condizioni poco lucide.
Le tragedie degli ultimi anni ad eccezzione dei Meoni,è che spesso a lasciarci la pelle sono quei poveracci che pur ti inseguire il sogno africano sono disposti a giocarsi tutto,vita compresa.
Perciò secondo me ho torniamo all’antico dove tutti sono allo stesso livello com moto che non devono essere per forzaa mostri da oltre 200 km,o conviene finire qui
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il problema delle ultime dakar è la velocità di percorrenza delle tappe, come disse il povero Meoni prima di pagare il suo tributo a qs stupenda gara:
x diminuire la velocità vanno ridotte le cilindrate ed incrementata la “navigazione”, il fascino della dakar è sempre stato nella capacità di navigare di noi corridori, ogni ns errore comporterebbe ritardi notevoli e di conseguenza dedicheremmo maggiore attenzione a non sbagliare strada ai 200 kmh
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… Quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per mano …
Non lo sapevi, ma cosa hai pensato quando lo schianto ti ha ucciso, quando anche il cielo di sopra è crollato, quando la vita è fuggita.
Voglio però ricordarti com’eri, pensare che ancora vivi, e che come allora sorridi..
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E’ vero, il rischio fa parte del gioco ma forse quando ci scappa il morto non lo è più. Il rischio dovrebbe voler dire rompersi una gamba, prendere un brutto colpo e lasciarci una clavicola. Qui si muore e quando si muore in una gara è lecito chiedersi se la responsabilità è del pilota o dell’organizzazione. E poi, a cosa serve avere una moto che va a 180 km/h sulla sabbia? O meglio, perchè permettono che le moto abbiano così tanta potenza su un fondo così accidentato? Domande a vuoto.
RIP.
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