L’arrivo
Venerdì sera, tarda serata. Parto solo alle 18.30 per percorrere i circa 350 Km che mi separano da Majano. E’ caldo, viaggio tra i 28 ed i 32 gradi. Il passante di Mestre mi informa con minacciosi cartelli che se voglio arrivare a Majano è meglio uscire e fare percorsi alternativi. Ma io ho una moto! Cosa vuoi che fermi una moto? Una banale coda? Dopo 30 km mi trovo fermo, moto spenta, in coda in un tratto a due corsie. Niente corsia di emergenza. Due new jersey a fare da contenimento su entrambi i lati. Davanti file di autotreni appaiati occupano tutta la carreggiata. Non c’è spazio per far passare il manubrio figuriamoci le borse. Dopo circa 40 minuti di ritardo accumulato il traffico scorre e riparto. E’ buio. A 30 km dall’arrivo l’immancabile temporale. Sono vestito molto permeabile e son costretto ad uno stop sotto un cavalcavia per mettermi l’antiacqua. La pioggia è presto passata ed eccomi arrivare all’incontro dei Navigatori di Terra.
Ci sono alcune moto, non troppe per la verità.
Parcheggio ordinato tra alcune di queste e spengo la mia moto.
Davanti a parecchi tavoloni da festa della birra un ragazzo che suona note blues. Dietro di lui, proiettate, scorrono delle foto di viaggi in moto. Accidenti sono nel posto giusto mi dico subito!
Faccio in tempo a togliermi il casco che subito sono accolto da Italo! “Ciao, arrivi ora?”. “Si, in questo momento, son partito da Bergamo ma la tabella di marcia è andata un po’ storta”.
ci presentiamo velocemente mentre mi spoglio e ci tiene subito a dire non mi sono ancora perso nulla. I festeggiamenti iniziano ora.
Intanto chiamo i compari (Zivas e Sacks) perchè vengano a fare gli sherpa. Li carico di Zega e affini e mi faccio portare alle tende.
Bello, il posto è proprio bello. Come diceva Zivas c’è tutto.
Velocemente prima che chiuda la cucina ingurgito un panino con salsiccia per poter almeno passare la notte e mi rinfresco con una birra.
Conosco qualche altro motociclista e tra un morso e l’altro si entra subito nell’atmosfera.
Sabato
E’ sabato. Il formato dell’evento non impone obblighi o altro. Ognuno può fare quello che vuole. Assieme a Sacks decido di andare a fare due o tre visite in posti che mi incuriosiscono.
La forcella di Lavardet, La panoramica delle vette e lo Zoncolan.
Il tempo è caldo e parto solo con il traforato e l’anti acqua (non si sa mai). I primi chilometri ci permettono di uscire dalla zona più urbanizzata ed affrontando il passo Rest arriviamo all’inizio della strada per la forcella di Lavardet. E’ chiusa. Un bollo enorme bianco contornato di rosso ci dice che non si deve passare. Decidiamo di verificarlo di persona ed iniziamo su una sterrata che in fretta comincia a scendere in discesa con un fondo abbastanza compatto e pietroso a tratti un po’ smosso. Avrei preferito farlo in salita ma ormai siamo qui e cosi proviamo a proseguire. Supero alcuni scalini con molta attenzione e proseguo cercando il fondo migliore. Siamo solo in due e non è il caso di fare gli eroi e cadere o rompere la moto.
La strada ad un certo punto si fa asfaltata. Asfaltata ma con sassi più grossi rispetto allo sterrato che però riusciamo a superare.
Ed ecco che iniziano i famosi tornanti. Purtroppo non riusciamo a godere dello spettacolo di vederli tutti in serie. La vegetazione e la posizione non sono favorevoli (l’immagine è tratta da internet). Ma si percorrono in fretta e con divertimento.
Ancora alcuni tratti sterrati, franati ed eccoci fuori anche da questo. Fatto!
Ora via verso la panoramica delle vette. La prendiamo da ovest. Risaliamo la tortuosa strada verso il passo Cortis. La temperatura si fa rigida. 6 gradi la minima registrata dal mio GPS. Rimpiango il non aver preso il giubbino più pesante ed averlo lasciato in tenda assieme ai guanti in pelle.
Ma resisto ed arriviamo a circa 2.000mt al rifugio dove, visto l’orario, decidiamo di mangiare qualcosa.
La strada purtroppo è interrotta poco più avanti. Non c’è possibilità di passarci neppure in moto. Siamo costretti a tornare sui nostri passi lasciando quella striscia marone tra i monti versi che ci sarebbe piaciuto percorrere. Ci riproveremo.
Risaliamo in ultimo lo Zoncolan. A fondovalle minacciosi cartelli fan capire a chi decide di affrontarlo, in bicicletta, che non sarà una passeggiata. “Lasciate ogni speranza o voi che entrate”… “la porta del diavolo…” ecc…
Una decina di chilometri tutti in salita. Spiana solamente ai tornanti dopo via una nuova rampa sino al prossimo. Incontriamo qualche ciclista intento nella risalita. Non troppi per la verità ma solo a guardarli mi facevano male i polpacci.
Sabato sera
E’ sabato sera, siamo rientrati e l’incontro diventa festa. C’è parecchia gente. Decidiamo di contare le moto e Sacks arriva a quota 70. Qualcuno è già andato via erano sicuramente di più.
Ceniamo, grigliata mista e birra a volontà. Ed ecco che iniziano i festeggiamenti. Alcuni moto viaggiatori si sono offerti di proiettare foto e raccontare alcune esperienze di viaggio.
Ascolto con piacere alcuni di loro.
Molti posti li conosco, ci son già stato. E’ bello poterli rivedere e sentire commentare da qualcun altro che magari ha colto sensazioni diverse.
Noto immediatamente il taglio e lo stile che accomuna un po’ tutti qui. Viaggiatori. Senza la pretesa di fare i turisti ma con l’intento di viaggiare, conoscere e fare nuove amicizie. Viaggiatori semplici, umili, autonomi e disorganizzati quel tanto che basta. Sono nel posto giusto ne sono certo.
Tra un racconto e l’altro si gira. Si scrutano le moto. Si commentano i particolari, l’usura, la voglia di viaggiare.
Torno ai tavoli. Questa volta chitarra e voce accompagnano una serie di fotografie, rigorosamente in bianco e nero, di persone. Persone colte da viaggiatori in vari posti del mondo. In posti dove non è facile vivere e che mi riportano immediatamente con la testa ad alcune esperienze avute nei miei viaggi precedenti. Gran bel momento intenso, veramente apprezzato.
Si fa tardi. La stanchezza si fà sentire. Andiamo a letto.
Domenica
E’ domenica. E’ finito questo splendido weekend. Peccato.
Ora occorre rientrare. L’autostrada viene scartata immediatamente. Decidiamo di rientrare per “l’allungatoia”. Passiamo dal Vajont e Longarone. A Longarone c’è il cimitero delle vittime del disastro. Non ci sono mai stato e accetto immediatamente l’idea di Sacks di passarci. Una mostra fotografica, alcuni reperti esposti e un ambiente curato. Si ripercorre la storia di quei 2/3 giorni con immagini e didascalie.
Lasciato Longarone l’obiettivo è il passo di San Boldo! non possiamo non andarci. Una ripida risalita “a chiocciola” che ci fa sconfinare di provincia.
Un piccolo viaggio dentro grandi viaggi”
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